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Pordenone

Comuni itinerario
PORDENONE

Per apprezzare Pordenone occorre visitarla, passeggiare lungo le vie del centro, immergersi nell’atmosfera veneta. Rimasta per 5 secoli sotto l’influenza della Serenissima ne raccoglie l’eco con le suggestioni dei gondolieri o dell’industria creativa degli artigiani.
Da visitare il Duomo, la chiesa delle Santissima, la chiesa del Cristo, il Convento di San Francesco, palazzo Montereale Mantica. La sagoma del campanile di San Marco è il simbolo della città di Pordenone.


STORIA

Pordenone, piccolo ma già attivissimo centro culturale di appena un migliaio di anime nel  trecento, seppe animare  vivaci nuclei che lasciarono il loro segno nelle vecchie case e nei palazzi del quattordicesimo e quindicesimo secolo, resi eleganti da bifore, trifore, affreschi murali; nell’antico Duomo di S. Marco, nella chiesa del Cristo, nella leggiadra facciata del Palazzo Comunale.  
Il nome della città di Pordenone deriva da Castrum Portus Naonis, dove Naonis era l’antico nome del fiume Noncello che attraversa il territorio comunale. Per Naonis si è pensato ad una radice preromana ”nau” nel senso di nave.
Le sue origini devono essere ricercate nella località Torre, centro poco distante dalla città. Questo era probabilmente già abitato in epoca preistorica e protostorica e sicuramente in epoca romana. Era posto nei pressi della Via Postumia, che da Oderzo, aggirando la linea dei fontanili, arrivava al Quadruvium, l’attuale Codroipo, che si raccordava poi con la strada per il nord, la Julia Augusta.
Con le ricerche fatte dall’appassionato conte Giuseppe di Ragogna, oltre a numerosi reperti ritrovati furono individuate delle terme romane con pavimenti a mosaico di pasta vitrea, tubature di piombo, rivestimenti di marmo e alabastro. Si sono trovate inoltre tracce delle banchine del porto lunghe parecchi metri. Senza un porto fluviale, infatti, non poteva esistere, in qui tempi, una città come Torre.
Probabilmente questa si trovava sulle rive del fiume che scorreva prima del Noncello, originato dalla risorgive di Cordenòns. Si fa anche l’ipotesi che qui non ci fosse una città, ma una grande villa imperiale. Il nome latino non è stato ritrovato ed il luogo fu certamente distrutto da una delle molteplici invasioni barbariche. I sopravvissuti cercarono rifugio nelle piccole paludi circostanti, create dai fontanili.
In tempi post-imperiali e fino a tutto il medioevo il Friuli, e specie il Pordenonese era una enorme selva. Gli abitanti di Torre si stanziarono sulla sponda destra del Noncello, in un dosso alluvionale alto cinque-sei metri che dava la possibilità di ripararsi dalle inondazioni del fiume, fondarono un villaggio isolato, fra l’attuale Duomo e il Castello. Questa popolazione, contrariamente ai Longobardi, che erano contadini e guerrieri, doveva essere rimasta legata alla navigazione e alla pesca, quindi questo risultava uno dei posti migliori della zona per stabilirsi
La grande armata di Napoleone nel 1797 stava terminando la campagna d’Italia. La Repubblica veneta era alla fine ed i Francesi occuparono in Friuli. Cominciarono le depredazioni francesi. Non c’è luogo in mezza Europa dove Napoleone non abbia dormito, e non c’è museo che non abbia il letto, opportunamente sgangherato, dove la guida annuncia con sussiego: “Qui ha dormito Napoleone!”.
Anche a Pordenone quindi Napoleone dormì e precisamente in casa dei conti Cattaneo nella Contrada Grande, oggi Corso Vittorio Emanuele 41. Il generale Bernadotte nel maggio 1797 fece demolire i leoni veneziani che abbellivano le porte della città: Furlana, Trevisana, del Castello.
Il 17 ottobre 1797 a Villa Manin di Passariano fu firmato l’iniquo trattato di Campoformido: Pordenone fu con tutto il Veneto e il Friuli data all’Austria. Il 13 gennaio 1798, dopo quasi tre secoli, ritornano a Pordenone gli Austriaci. Sfilarono per le strade della città a passo di parata sotto il comando del luogotenente principe Enrico di Reus-Plaunen, mentre il vescovo di Concordia, Giuseppe Maria Bressa, lo aspettava in Duomo per il solenne Te Deum di ringraziamento.
I Pordenonesi vissero un giorno di festa, la città era tutta illuminata e si aveva molta fiducia nel ritorno dei vecchi padroni, forse alimentata dallo stile degli ultimi arrivati. Ma la comparsa austriaca fu breve. Dopo la battaglia di Marengo nel 1800-1801, Pordenone rimane nel mezzo, nella zona neutra dell’armistizio tra il Tagliamento e il Piave, e dovette provvedere e pagare le spese di vettovagliamento delle truppe francesi. Dopo la pace di Luneville, a Pordenone per breve tempo si riaffermò il governo austriaco.
In questo periodo si chiede ai padroni di ripristinare la navigazione del Noncello fino alla città, ma nel 1803 l’ultimo gastaldo Vincenzo Calligaris scioglie l’antica corporazione dei marinai: termina così una tradizione durata quasi mille anni, riaprendo però per la città una nuova era di commerci terrestri.
Ritornati nuovamente i francesi nel 1805, con il Regno Italico fanno di Pordenone capoluogo del “Distretto del Noncello”, ma per breve tempo perché la città dovette accontentarsi poi di essere, nell’ordinamento napoleonico, solo sottoprefettura. Per un paio di mesi nel 1809 ritornò l’aquila asburgica, quando Eugenio Beauharnais fu sconfitto nella battaglia di Fontanafredda. Napoleone ripristinò le cose con la vittoria di Wagram. Nel 1813, dopo la battaglia di Lipsia i francesi se ne andarono definitivamente e tornano gli Austriaci.
La Pordenone industriale nasce con l’arrivo della ferrovia e si conclude l’operazione del cambiamento cittadino che vede l’apertura dell’accesso alla Stazione (Via Mazzini). La prima vaporiera giunse da Mestre il 30 aprile 1855. Vi fu una grande festa a Pordenone e un gran ballo al teatro Concordia poi Sociale, inaugurato già nel 1831. Due anni dopo la linea ferroviaria arrivò fino a Casarsa e nel 1860 raggiunse Udine.

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LA PORDENONE INDUSTRIALE

Il periodo del dominio asburgico fu caratterizzato da un rilevante impulso economico dal quale il ruolo di attività motrice venne assunto dal settore industriale. Nel 1811 i Galvani, che già avevano le cartiere, rilevarono il vecchio convento di Sant’Antonio, soppresso dalle riforme francesi, per installare una fabbrica di ceramica. All’inizio si facevano solo scodelle di terracotta, ma dal 1822 si produceva tutto quello che serviva per la cucina. La commercializzazione venne fatta servendosi della rete di vendita delle cartiere. I servizi da tavola vennero venduti anche nei mercati orientali e persino nell’India inglese.
Nei piatti della Galvani si incominciò a servire la pasta Tomadini, impresa che l’intraprendente pioniere Angelo Tomadini di Bertiolo nel 1843 aveva impiantato a Pordenone, in fondo a Corso Vittorio Emanuele, di fronte all’antica trattoria al Gallo, suo primo pastificio.
In questi pochissimi anni si svilupparono impianti produttivi soprattutto per la lavorazione del cotone che garantirono l’occupazione a migliaia di operai, parecchi provenienti da fuori città che diedero quindi incremento all’edilizia.
Il primo opificio di questo tipo viene aperto dalla ditta Fratelli Bebz & Blanch di Trieste, il 6 febbraio 1840, eretto in un terreno incolto a Torre. Sei anni dopo alla filatura ristrutturata ed ingrandita si aggiungeva la tessitura di Rorai Grande, che trattava il semilavorato fornito da Torre.
Si devono tuttavia affrontare grossi problemi di concorrenza sia austriaca che lombarda. Inoltre, la seconda guerra d’indipendenza del 1859 taglia una fetta di commerci, a cui si aggiunge l’incendio distruttivo della fabbrica di Rorai nel 1860. La ditta viene ristrutturata e chiamata “Filatura tessitura e tintoria di cotone di Pordenone”.
Ma ci fu ancora crisi, causa la guerra di secessione americana il cotone veniva comprato in India con notevoli costi e quindi si dovette ridurre l’attività, licenziando parecchi operai.
Con il ritorno all’Italia il cotonificio ha più possibilità perché essendo abolite le tariffe daziarie ha a disposizione il mercato italiano. Nel 1875 arrivarono a Pordenone due austriaci Emilio Vepfer ed Alberto Amman, formidabili concorrenti del cotonificio che fondano una fabbrica ultramoderna a cominciare dallo sfruttamento dell’energia elettrica attraverso le acque.
Si usufruisce delle ruote dello storico Maglio della Vallona, chiuso definitivamente nel 1881, e con turbine e una dinamo si fanno funzionare i nuovissimi macchinari. L’impresa ha successo e un secondo opificio viene costruito a Fiume Veneto. Nel 1893, l’industria rimasta nelle mani di Amman, aumenta l’energia elettrica sfruttando il lago della Burida. Il cotonificio di Torre e Rorai ha invece diverse difficoltà: cambiano i proprietari e poi viene acquistato dal Cotonificio Veneziano che aveva stabilimenti a Venezia e Verona. Nel 1920 assorbirà anche Amman formando cosi un unico grande complesso tessile.
Erano gli anni della “Belle Epoque”, quando i pordenonesi si recavano alla Birreria Momi in Piazza della Motta, dove, in un bel giardino abbellito da un’enorme pergola erano posti dei lunghi tavoli in cui godersi un buon boccale di birra.
Molti secoli dopo quel primo banchiere, l’ebreo Samuele, che nel 1399 ottenne licenza di prestare danari all’interesse di 5 piccoli al mese per ogni lira pordenonese, calcolato come prestatore d’opera e quindi dichiarato “libero da ogni fazione e angheria, il credito a supporto dell’economia comincia a svilupparsi nella zona.
La più antica banca del pordenonese è quella di Pravisdomini, fondata nel 1884 e seguita da quelle di San Giorgio della Richinvelda nel 1891 e da quelle di Valvasone e Azzano Decimo nel 1895. Nel 1896 apre a Spilimbergo la banca privata Tamai.
A Pordenone nasce nel 1904 la Cassa depositi e prestiti S. Giuseppe che verrà incorporata nella Banca Popolare di Pordenone nel 1968. A Torre nel 1905 viene costituita la Cassa operaia agricola. Nel 1911 inizia l’attività la Banca Popolare di Pordenone. Nel 1921 arrivano da Udine la Cassa di Risparmio e la Banca del Friuli. Quest’ultima apre numerosi sportelli nei più importanti paesi della zona. Nel 1930 arriva la Banca Cattolica e nel 1936 la Banca Commerciale.
Pordenone si prepara ad affrontare le sfide del nuovo secolo. Nel 1908 si stabilisce di demolire, ciò che rimane dell’antica porta Bossina o Trevisana. Nel 1910 alla Comina viene aperta la prima scuola in Italia di Piloti di volo: giovani impavidi che divennero autori di gesta eroiche nella prima guerra mondiale. Nel censimento del 1911 la città contava 16.235 abitanti. Nel 1912 s’inaugura la caserma di Cavalleria.
Nel 1914 viene terminato finalmente il campanile del Duomo e arrivano in città anche le autocorriere della Società Servizi Automobilisti di Puppin che collegherà parecchi paesi. In quei periodi furoreggiava il teatro Sociale con i suoi magnifici balli dove piloti e cavalleggeri gareggiavano nell’eleganza. L’aumento demografico accelerato alterò ulteriormente la fisionomia della città gettando le basi per quella attuale.
Pordenone geograficamente avvantaggiata rispetto alle altre zone del Friuli per la vicinanza delle regioni italiane già avanzate economicamente, realizzò nel suo entroterra una grande struttura produttiva. Piccole, medie e grandi industrie si svilupparono a ritmo serrato, soprattutto quelle meccaniche e degli elettrodomestici che hanno cambiato il volto della città nell’odierna Pordenone.
In pochi anni gli abitati da 25.0000 passano a 35.000, Pordenone è tutto un cantiere, per questi nuovi immigrati si costruiscono ben duemila abitazioni per quasi 20.000 vani; 4.000 vani si ricavano dagli edifici dagli edifici ristrutturati, 700 locali per le nuove attività.
Nel 1951 entra in funzione il primo nucleo del Centro Studi, in largo S. Giovanni. Se nel 1953-54 il Cotonificio Veneziano è costretto a licenziare mille operai, le imprese come la Savio, la Scala di Orcenico, la Safop, la Zanette serramenti passano dalle centinaia alle migliaia di occupati, senza parlare della Zanussi che s’ingrandisce di giorno in giorno.
Nel 1955 l’aeroporto di Aviano diventò base americana e circa tremila tra aviatori e familiari americani vennero ad abitare nella zona. Essi hanno firmato una missione oltremare per tre anni che su domanda potevano diventare quattro. Queste persone servono anch’esse a portare le ultime novità del nuovo continente accrescendo lo sviluppo di nuove mentalità.
Il 28 marzo 1958 il ministro dell’Industria Gava senior viene ad inaugurare la linea della profusione lavatrici della Zanussi. È con orgoglio che Lino Zanussi presentò le cifre dell’azienda, dai due o tre garzoni del 1916 ad una cinquantina di operai nel 1925, ad un centinaio dieci anni dopo, a 250 nel 1946 e ai 1.600 nel 1958, aggiungendo che l’industria si sta affacciando sui mercati stranieri. Lino Zanussi fa dono al ministro del frigorifero n. 1.650.000. Nel 1960 entrarono in produzione i televisori.
Divenire provincia era sempre stata l’aspirazione di Pordenone. Molti furono i tentativi, la richiesta era sempre stata respinta. Finalmente nel 1968 Pordenone divenne la provincia del Friuli occidentale.
Il 18 giugno dello stesso anno, in Spagna a San Sebastiano, moriva in un incidente aereo assieme ad alcuni valenti collaboratori, Lino Zanussi a soli quarantotto anni, figlio di Antonio Zanussi fondatore della Rex. Ecco quanto scrive tra l’altro Giuseppe Marchetti nel libro: “Il Friuli Uomini e Tempi”. “Morì alla vigilia degli anni difficili, per il paese e per l’industria, quando la sua aveva raggiunto l’apice.
È anche per questo la sua improvvisa scomparsa lasciò il segno: era un nocchiero che conosceva tanto bene la propria imbarcazione da potersi permettere di portarla in acque perigliose, pur valutano i rischi d’impresa. Ed il rischio aveva assunto proporzioni di valore mondiale, ma anche perché all’orizzonte dell’economia nazionale e mondiale si profilavano le nere nubi di una seria crisi economica e finanziaria.
Quanta parte abbia avuto, nella storia recente di Pordenone, l’iniziativa industriale portata avanti con la collaborazione del fratello Guido non è facile da valutare. Non si sbaglia però affermando che essa fu determinante per dare alla città un volto nuovo e per creare quella spinta ascensionale a tutta l’autonomia della Destra Tagliamento che ha portato al riconoscimento della Provincia. Il progresso della Zanussi è parallelo — nel ventennio dal 1950 al 1970 — con il progresso di Pordenone.
La città triplica la popolazione mentre l’industria si espande. Lavorano per la Zanussi non soltanto i dipendenti regolarmente assunti, ma anche centinaia di persone occupate in altre piccole e medie aziende la cui produzione è in gran parte assorbita dalla Zanussi. Nel 1960 si inaugurava il grande complesso edilizio che Lino Zanussi fece costruire per ospitarvi gli uffici direzionali e amministrativi sulla strada Pontebbana. Ed era l’anno in cui Pordenone conosceva il boom del suo sviluppo urbano.
Nel 1980 Pordenone supera i 50.000 abitanti, ci si accorge che è ora di cambiare rotta perché il colosso Zanussi traballa: nel 1983 la perdita di gestione era di 130 miliardi e l’economia cittadina ne risente. Bisogna abbandonare i sogni di una Pordenone colossal da centomila abitanti ma pensare al postindustriale.
Purtroppo delle fabbriche storiche pordenonesi come, ad esempio la Galvani, il Cotonificio Olcese Veneziano, chiudono. La Zanussi entrerà nel colosso Electrolux, mentre molte aziende superarono la crisi proiettandosi nei mercati con nuove tecnologie e nuove produzioni.


PERSONAGGI ILLUSTRI

Al pari con quelle dello spirito  e della cultura che vantano umanisti come il grammatico FORTUNIO, poeti, giureconsulti, geografi, stampatori, missionari-esploratori come il grande Odorico (il Beato Odorico da Pordenone) che per primo giunse nel Borneo. Né secondaria è la schiera di artisti che lasciarono segni inconfondibili nella loro creatività. Si ricorda la titanica figura di Giovanni Antonio De’ Sacchis detto il Pordenone (1483/84-1539) che partendo dalle spirituali forme dei Tolmezzini e dell’eclettismo del maestro Pellegrino da S. Daniele, determinerà non solo la storia dell’arte friulana, ma saprà perfino emulare con pari impegno le intense composizioni, calde di sensuale colore di Tiziano Vecellio, tanto da vincere, in gara con lui, il concorso per la decorazione del soffitto di Palazzo Ducale di Venezia. Con le sue opere, troveremo in Duomo, nella chiesa del Cristo, in quella della Santissima Trinità, nel restaurato Convento di San Francesco narrazioni o immagini di ampio respiro; altrettanto in quelle del seguace Pomponio Amalteo, del Bellunello, del Calderari, del Fogolino, del Tintoretto, in perfetta simbiosi con il Pilacorte e con tanti altri maestri locali.


IL DUOMO

Intitolato  a San Marco è la Chiesa principale di Pordenone.  Venne eretto dopo la metà del ‘200 e terminato nel 1278.
All’interno numerose sono le opere di pregio.
L’interno del Duomo ha una navata nella quale si aprono profonde cappelle, un transetto e tre absidi. L’acquasantiera del 1508, opera del Pilacorte, è massiccia con coppa intagliata a giragli.
Il primo altare accoglie un dipinto del Pordenone raffigurante la Madonna della Misericordia (Sacra Famiglia e S. Cristoforo), risalente al 1515. Grande capolavoro d’arte veneta, universalmente riconosciuto, dimostrazione della grande tecnica acquisita dall’artista.
Il dipinto ricorda la maniera poetica del Giorgione, di cui l’artista era ammiratore ed in contatto. La composizione, perfettamente equilibrata, nel rapporto personaggi-ambiente, smagliante nel colore, reca sullo sfondo un paesaggio veneto.
Al centro la Vergine con il committente ed i suoi famigliari inginocchiati ai suoi piedi, a destra l’umanissima e dolce figura di S. Giuseppe, a sinistra quella possente di S. Cristoforo che regge sulle spalle il Bambino.
Nel terzo altare pala S. Francesco fra i Ss. S. Giovanni Battista e Daniele, del vicentino Marcello Fogolino (1480- dopo 1548) e, dello stesso, Madonna con Bambino in trono.
Nella navata destra del Duomo sono stati scoperti alcuni anni fa alcuni affreschi rappresentanti S. Cristoforo, il Bambino, alcuni Santi del sec. XIV.
Nel grande pilastro di destra, prima del transetto, oltre ad una Madonna con Bambino e un S.Erasmo (1524), è raffigurato uno splendido San Rocco (1523), che si vuole sia l’autoritratto di Giovanni Antonio da Pordenone. È una delle figure più riuscite del maestro.
Sul basamento un graffito datato 1523 ricorda un curioso fatto di cronaca: il 2 novembre di tale anno ci fu una tale abbondanza di neve che i pordenonesi furono costretti a spalarla dai tetti per evitare che l’eccessivo peso potesse sfondarli.
All’inizio del transetto, a destra, la cappella Mantica contiene altri affreschi del pordenonese Giovanni Maria Zaffoni detto il Calderari (1500-1564 o 1570). Egli dipinse nel 1554-55 nelle vele della volta la “Storia della Vergine”.
Nelle lunette incontriamo “L’infanzia di Cristo”, mentre nelle pareti: “Discesa dello Spirito Santo”, “Cristo tra i Dottori”, “Ascensione”, “Cristo in Emmaus”, “Noli me tangere”, “Assunzione” e “Visitazione”.
All’altare troviamo il dipinto “Riposo nella Fuga in Egitto” di Pomponio Amalteo, del 1546. Nella parete destra si trova grande crocifisso ligneo del cinquecento attribuito a Domenico da Tolmezzo.
All’interno della cappella dei Santi Pietro e Paolo, pochi anni fa sono stati messi alla luce alcuni affreschi attribuiti a Gentile da Fabriano (1370 - 1427), considerato uno dei maggiori pittori italiani del XV secolo, raffiguranti delle vedute architettoniche.
Nell’abside di destra del Duomo si trova la cappella di S. Nicolò, che fu affrescata presumibilmente da un certo Dario da Treviso (o da Pordenone) intorno al 1455. Sulle pareti sono raffigurate storie di S. Nicolò, mentre, nella volta, entro tondi sostenuti da Angeli vediamo rappresentati quattro Dottori della Chiesa.
Nell’altare maggiore troviamo una pala che ha come soggetto S. Marco con Cristo e i Ss. Sebastiano, Battista, Girolamo e Alessandro. Grande opera del Pordenone iniziata nel 1535 e purtroppo incompiuta.
Nel terzo altare a sinistra pala raffigurante Ss. Biagio e Apollonia di Marcello Fogolino (1523).
Tra il primo e il secondo altare a sinistra fonte battesimale del Pilacorte 1506, sulla cupola del quale è posta la figurina di S. Giovanni Battista.
Vi sono altre opere all’interno del Duomo: pala dell’Istituzione dell’Eucarestia del Calderari datata al 1547; un S. Girolamo di Domenico Tintoretto del 1595 ca.; un dipinto raffigurante la Madonna in gloria tra i santi Agostino e Monica, di Pietro Vecchia, databile 1672; un S. Vincenzo Ferreri di Giambettino Cignaroli, opera del 1738.
Nel tesoro del Duomo, sono presenti 16 preziosi reliquari del sec. XIII-XVI.

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IL CAMPANILE DI SAN MARCO

Sorge a fianco del Duomo. Realizzato in mattoni a vista, termina con una cuspide su base ottagonale. Svetta così con i suoi 72.60 m sulla città, rappresentando uno dei simboli di Pordenone. Dallo stile architettonico romanico-gotico, è considerato tra i più belli d’Italia.


Il Palazzo Comunale

Il Palazzo Comunale si trova in Corso Vittorio Emanuele a Pordenone.
Di stile gotico, realizzato in laterizio, venne eretto tra il 1291 e il 1395. Aperto inferiormente da un portico loggiato, è preceduto da un avancorpo a torre sormontato da un orologio astronomico-lunare costruito dopo il 1542, dai fratelli Rainieri di Reggio.
In cima alla torre, due statue in pietra, dette popolarmente i “mori” per rifarsi a quelli di Piazza San Marco a Venezia, ma in realtà rappresentanti due paggi che portano i simboli dell’Austria al tempo feudale, sono posti alla sommità e battono le ore.
Nel 1928 il palazzo venne ampliato dall’arch. Cesare Scoccimarro, utilizzando l’area dietro il corpo dell’edificio. Negli anni Sessanta, su disegno del milanese Ignazio Gardella, venne costruito un ulteriore edificio per dare sede ad alcuni uffici comunali.
Al piano nobile trova posto la sala del Consiglio, che lo occupa interamente. È dotato di due finestre trilobate tripartite poste sulla facciata. Il palazzo termina con due eleganti pinnacoli a baldacchino, aggiunti in un secondo tempo (XVI secolo) dal maestro Iacopo da Gemona su disegno del pittore Pomponio Amalteo. La bella costruzione chiude in maniera scenograficamente ottima il lungo e interessante Corso Vittorio Emanuele.

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Palazzo Ricchieri

Palazzo Ricchieri, una delle più belle dimore nobiliari della città, si trova nel centro di Pordenone, al civico 51 di Corso Vittorio Emanuele II. Esso risale al XVII secolo e presenta numerosi affreschi prospettici del XV secolo, aventi per soggetto scene mitologiche.
In origine era più piccolo ed aveva la forma di una casa-torre, eretta nel Duecento, con scopi difensivi tra il porto sul Noncello e l’ingresso della città. La casa-torre, rappresenta il nucleo originario del palazzo, che oggi è rappresentato dall’angolo verso la loggia del comune.
Il Palazzo appartiene ai Ricchieri, famiglia creata nobile dagli Asburgo nel 1383 e riconfermata da Venezia nel 1389. La prosperità della famiglia, i cui membri vengono nominati conti del Sacro Romano Impero dall’Imperatore di passaggio a Pordenone, nel 1468, consente un ampliamento del palazzo e un rinnovamento architettonico in stile veneziano, reso vieppiù esplicito dalle bifore e dall’uso del mattone.
L’edificio risulta così ripartito in tre parti, costituite dal corpo centrale, dov’è ospitato il salone centrale e dalle due ali laterali. L’ingresso è a portico che immette nel cortile interno dove accedevano le carrozze e dove troviamo le stalle, magazzini e sale di servizio. Uno scalone imponente conduce al piano superiore.
Nel 1949 il Palazzo Ricchieri venne donato alla città da Lucio Ernesto Ricchieri perché divenisse sede di attività culturali. Per alcuni anni si eseguirono dei lavori per sopperire al cattivo stato dell’edificio, che venne così restaurato.
Nel 1972 venne destinato a Museo d’Arte, per ospitare le collezioni nate nel 1870 quando il pittore pordenonese Michelangelo Grigoletti lasciò la sua raccolta di opere d’arte alla città.Nel 1996 il palazzo è stato riaperto al pubblico dopo una attenta ristrutturazione ed il rinnovo delle sale espositive e per una migliore lettura dell’evoluzione architettonica dell’edificio.

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Palazzo Montereale Mantica

Tra i più bei palazzi di Contrada Maggiore è oggi sede di rappresentanza della Camera di Commercio.



Chiesa del Cristo

Fu edificata nel 1309 dalla Confraternita dei Battuti. Situata nell’omonima piazzetta, è arricchita da diverse opere artistiche (affreschi trecenteschi), oltre al portale lapideo ed allo splendido Crocifisso ligneo che ha dato l’appellativo all’edificio sacro, un tempo annesso, con il nome di Santa Maria degli Angeli, all’ospedale cittadino. (testo fornito dal Comune di Pordenone)

Chiesa della Santissima

Situata lungo il fiume Noncello, di forma ottagonale contiene affreschi cinquecenteschi di Giovanni Maria Calderari, allievo del Pordenone.
La Ss. Trinità è una delle chiese più belle di Pordenone appartenente all'età moderna, un piccolo scrigno nel quale si uniscono la fede delle antiche genti della città, una raffinata architettura e un sontuoso ciclo pittorico ad affresco, un tempo ulteriormente impreziosito dalla pala della Santissima Trinità, posta sull'altare maggiore. La sua nascita è legata alla Confraternita della Santissima Trinità, detta "la rossa" per il colore delle sue vesti di coro, confraternita legata ai Trinitari e dedita soprattutto alla redenzione e al riscatto dei prigionieri in mano ai turchi, oltre che alle opere alle opere assistenziali.
La piccola chiesa, a causa della sua dislocazione, è, infatti, soggetta alle rabbiose piene del vicino Noncello che più volte nella sua secolare storia l'ha attaccata, lasciandone impietose piaghe. Negli anni cinquanta essa è stata oggetto di un radicale restauro, in vista della sua dedicazione quale sacrario ai caduti di guerra.
Via San Giuliano - 33170 Pordenone – tel. 0434 43360

[image:image-0]foto Madonna delle Grazie

Santuario Madonna delle Grazie

Eretto nel ‘600  sul luogo di un'apparizione secentesca della Madonna, l'attuale Santuario è in stile tra il neogotico e l’eclettico. Questo miracolo attirò molti fedeli attorno all'immagine di Maria e molte furono le offerte che si accumularono con le quali fu possibile erigere la chiesa la cui prima pietra fu posta il 28 ottobre 1626.
Viale delle Grazie, 17 - 33170 Pordenone  tel. 0434 572020

Museo Civico di Storia Naturale Silvia Zenari

Il Museo Civico di Storia Naturale – che ha sede nel cinquecentesco Palazzo Amalteo – è stato fondato nel 1970. E’ intitolato a  Silvia Zenari, la più illustre naturalista pordenonese.
Nel corso degli ultimi anni il Museo ha assunto nuova linfa e si propone tuttora di accrescere e di studiare, anche attraverso le più recenti tecnologie, il proprio patrimonio. Contiene  collezioni di vertebrati, insetti e mineralogiche. In quest’ultima sezione  la  collezione mineralogica ottenuta da Giorgio Rimoli costituita da più di 9.000 campioni – che può essere a buon diritto considerata la raccolta più completa dei minerali dell’Alpe Adria.
Il Museo conserva inoltre importanti collezioni riguardanti la paleontologia, la botanica, la malacologia e l’osteologia, con svariate migliaia di campioni.
Via della Motta, 16 - Telefono 0434 392950
E-mail: museo.storianaturale@comune.pordenone.it



Museo Archeologico del Friuli Occidentale

A soli tre chilometri dal centro di Pordenone, si trova il museo, situato in quello che un tempo era il Castello di Torre.  Sorto alla fine del XII secolo, residenza della famiglia dei signori di Ragogna, dopo l'assalto del 1402 da parte del capitano austriaco a Pordenone Mordax, il castello fu ricostruito e in parte trasformato in dimora signorile. I reperti presentati provengono da tutto il Friuli occidentale e ricostruiscono una vasta panoramica storica, dalla preistoria al Rinascimento.
Il Museo conserva alcuni reperti provenienti dal Palù di Livenza, Sito Unesco dal 2011, in museo fin dagli anni ’70, quando si iniziò la riscoperta del sito e si recuperarono le prime ceramiche o assegnati in deposito successivamente.
Via Vittorio Veneto, 19 - 33170 Pordenone – tel. 0434 541412


PArCo - Pordenone Arte Contemporanea

PArCo è la sede della nuova Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Pordenone, struttura museale intitolata alla memoria di Armando Pizzinato (Maniago 1910 - Venezia 2004) uno dei più importanti artisti italiani del secondo dopoguerra. E’ collocato  all’interno di Parco Galvani, importante parco cittadino, a ridosso del centro storico della città.
La struttura si compone di una villa veneta restaurata, sviluppata su tre piani e dal classico impianto architettonico, e da un nuovo ampliamento che ospita l’ingresso principale, nuove sale espositive, un centro congressi e altri spazi destinati ai servizi museali.
Completa il tutto una terrazza agorà, naturale prosecuzione dello spazio espositivo interno, luogo progettato per la collocazione di sculture di grandi dimensioni e per ospitare eventi all'aperto. Si affaccia sul lago di risorgiva sulla cui sponda è stato creato un roseto che continua sull'ingresso della Galleria sino al nuovo spazio dedicato ai laboratori.


PArCo2 - Pordenone Arte Contemporanea

E’ spazio collocato in via Bertossi.  Si tratta di una struttura ricavata da un intervento progetto-pilota, in collaborazione con l’architetto tedesco Thomas Herzog, per l’applicazione di tecnologie sostenibili nella riqualificazione di manufatti storici, nello specifico un edificio scolastico realizzato nel 1925 su preesistenze più antiche.
Sette grandi sale espositive che si sviluppano in una superficie complessiva di circa 750 mq e si affacciano in una piazzetta interna anch’essa recuperata con l’intervento.
PArCo e PArCo2 sono due strutture fisicamente disgiunte ma integrate nella programmazione culturale ed espositiva.



Immaginario scientifico di Pordenone

Nel  quartiere di Torre, ospitato all'interno di uno degli edifici appartenenti al complesso del Cotonificio di Torre di Pordenone sorge l’Immaginario scientifico.
Sul modello del Science Centre di Trieste, l'Immaginario Scientifico di Pordenone, che occupa un'area di circa 800 mq, presenta un'impostazione museale di nuova generazione, adotta tecniche espositive proprie dei musei interattivi e multimediali ed è fortemente improntato sull'uso di metodologie di animazione didattica informale. Il visitatore interagisce  con gli oggetti presenti e con gli ambienti museali. Non mancano le attività dedicate ai bambini delle scuole dell'infanzia, con attività ludico-didattiche per avvicinarsi in modo creativo e dinamico a semplici principi scientifici, giocando con le bolle, imparando i segreti del riciclo o scatenando piccole reazioni chimiche. http://www.immaginarioscientifico.it
Via Vittorio Veneto, 31 - 33170 Pordenone - Info 0434 542455 / prenotazioni 040 22442

Eventi

- Pordenonelegge a settembre. Festa del libro con gli autori. Festival del libro giunto alla sedicesima edizione. www.pordenonelegge.it

- Le Giornate del Cinema Muto, in ottobre. Nate nel 1982 dalla collaborazione tra la Cineteca del Friuli di Gemona e Cinemazero di Pordenone, "le Giornate del Cinema Muto di Pordenone "– dirette dal 1997 dallo storico inglese David Robinson – si sono affermate come la principale manifestazione internazionale dedicata alla conservazione, alla diffusione e allo studio dei primi trent’anni di cinema. La sede principale del festival è il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone.

Prodotto del borgo:
- Il biscotto Pordenone. È il dolce tipico pordenonese, creato e realizzato dalla Gelateria Pasticceria Montereale, con il marchio registrato presso la Camera di Commercio. Gli ingredienti che lo compongono ben richiamano i gusti e la tradizione della nostra provincia. www.biscottopordenone.it

- Il cioccolato di Peratoner- L’arte della cioccolata. www.peratoner.it

Piatto del borgo:
lidric e fasoi (radicchio e fagioli), il muset (il cotechino), le lumache.  

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